LE SEPARAZIONI: ASPETTATIVE DI GIUSTIZIA E DI CAMBIAMENTO DALL’AVVIO DELLE PRATICHE LEGALI
Metodologia: Il gruppo si riunisce 2 volte al mese per la durata di 1,5/2 ore.
A CHI E’ RIVOLTO: questo gruppo è dedicato a chi, uomini e donne, si trova nella condizione di aver già aperto una pratica di separazione. Serve a comprendere bene chi deve fare cosa durante la separazione: serve a non scambiare ruoli, a non chiedere cose impossibili, a non massimizzare i poteri di giudice, avvocato, ricorsi, querele; serve a riappropriarsi delle proprie risorse, a provare il sapore delle soluzioni piuttosto che della vendetta; a riconoscere in quali punti è necessario restare fermi a combattere e in quali invece c’è da mollare; a sapere quando la rabbia è cattiva consigliera e quando invece funge da azione di sblocco e conciliazione col partner in via dimissionaria.
OBIETTIVO E MOTIVAZIONE DELLA PROPOSTA
Nell’esperienza fatta finora, l’avvio della separazione innesca un processo di cambiamento. Le due persone coinvolte nella decisione di separarsi devono trovare un accordo che riguarda più aspetti, tutti concreti, come l’assegnazione d’uso della casa finora coabitata, chi è il genitore affidatario prevalente, uno schema generale di giorni e notti da passare assieme ai figli nell’arco temporale dell’anno feriale, la calendarizzazione dei tempi di vacanza, la quantificazione dei redditi e delle spese per gli assegni di mantenimento per i figli ed eventualmente per l’ex coniuge, divisioni del patrimonio della coppia…..
E’ chiaro che la tipologia di separazione all’interno della quale ci si muove – consensuale o giudiziale – cambia gli spazi di manovra. Ma, per la verità, questa scelta non è tutto per garantire la scorrevolezza di gestione dei nodi organizzativi e psicologici della nuova famiglia.
Nell’atto di giungere ad una stesura formale dei vari punti dell’accordo emergono molte questioni che hanno una rilevanza non solo ai “fini legali”. Temi quali la relazione tra i coniugi, le vicende precedentemente vissute, i valori di riferimento e di ispirazione di ciascun coniuge, le concezioni diverse su diritti e doveri a fronte del passaggio da attori all’interno di una coppia ad attori individuali.
Il vero cambio di scena consiste nel fatto che se dapprima, quando si era una coppia, si cogestivano la quotidianità e le scelte senza misurarle o quantificare tempi, compiti, iniziative, ora che non si è più coppia può essere molto critico suddividerle, specie se si adotta il criterio della sola matematica o se si è spinti dal rancore. Il concetto di responsabilità condivisa viene a mancare non perchè non sia possibile continuare ad essere in due – riferendosi in particolar modo alla funzione genitoriale – ma perchè la rottura rappresenta un cambiamento che tocca corde profonde, che scompiglia le certezze, che porta in tutti i casi ad un grande scossone. Nell’immaginare il futuro perciò è possibile intravvedere paure e solitudine; gli altri molte volte ce lo ricordano, ce lo confermano, sottraendoci forza. Cambia lo status socio familiare, divenendo status di singolo, e il mondo lo ricorda. Cambia il numero delle mani pronte a fare o potenzialmente coinvolgibili: non è così raro che i familiari e i congiunti abbiano le loro da dire sulla separazione e attuino una inconsapevole ma efficace punizione, si distanzino e offrano aiuto meno generosamente. Cambia soprattutto il tipo di investimento e di coinvolgimento. Nel mezzo del cuore degli affetti – immaginando un nucleo famiglia con figli – c’è un nuovo ospite e si chiama rottura, fine di qualcosa, cambio progetto, cambio di rotta. Nelle prime fasi questo ospite è sgradito e temuto anche dal più convinto coniuge sulla separazione. Per capire questo intreccio e questo groviglio di sentimenti si possono pensare questi due esempi: avete mai aperto un’attività, un ufficio, un negozio, avete mai installato e adibito un ambiente o una stanza per qualcosa di entusiasmante che poi finisce, anche per buone ragioni? O avete mai abitato una casa per poi passare ad un’altra casa e sentito che pur nella comprensione e nella volontà piena di quello che stavate compiendo, c’era un congedo difficile, c’era un attaccamento e un legame, c’era una parte di sé lì, nel luogo che si stava per lasciare? Inevitabilmente si fanno i conti col fatto che qualcosa di quello che c’era prima, ora non c’è più, e questo è di per sé duro, da qualunque storia si provenga e verso qualunque novità si vada.
Tutto questo si muove, e con forza, nelle prime fasi di attivazione e apertura del processo legale di separazione.
La mediazione legale proposta vede solo parzialmente questi aspetti perchè ha il compito di dirimere – nel rispetto della brevità di tempi e di costi – controversie e divergenze per giungere ad un accordo convergente. Ma ogni accordo, oltre che un contenuto da rispettare, ha degli ostacoli da superare.
E allora cosa succede a molte persone, di tutti i generi e di tutte le età, di tutti i censi e di tutti i colori?
Accade qualcosa di universalmente umano, e cioè il tentativo di spostare la realtà del problema. Si comincia a pensare che la soluzione al tal quesito o alla tale decisione da prendere non c’è e che a questa irresolubilità possa porre rimedio solo l’avvocato. Il quale si deve confrontare con tematiche ben diverse da quelle presenti nel codice civile, dove le cose sono analizzate sotto una luce diversa, quella del codice delle leggi, di schemi di liceità o legittimità, di campi del possibile agire ammesso dalla legge. Che cosa implica questo? Che l’avvocato prospetta delle soluzioni senza avere il potere di cancellare gli ostacoli della relazione, i dissapori alimentati da anni, la filosofia di vita di ciascun coniuge, i vecchi segreti inconfessati ma così attuali nelle loro retroazione. Quello che rimane essenziale è che ciascuna persona coinvolta nel processo di separazione renda attuabile le soluzioni attraverso rinunce, cambiamenti, alleanza con quanto sta accadendo. Se i due partner non comprendono fino in fondo che sono entrambi attinenti a quella separazione e alla storia da cui provengono, il processo di separazione sarà – consensuale o meno – un campo di battaglia, le rivendicazioni saranno all’ordine del giorno, le azioni di disturbo saranno piccole ma puntuali, il saldo dei conti non verrà mai concluso, il testimone da passarsi sarà gettato e i figli saranno quelli che ne pagano il dazio, crescendo in un clima di sfiducia nelle relazioni, negli adulti, nel futuro come promessa di vita soddisfacente.
E il giudice, il tribunale, l’avvocato di parte, e anche quello di controparte, saranno organi e figure di massima importanza, estremizzati nel loro potere di influenzamento sugli accordi e sulla relazione tra coniugi, investiti di preghiere di salvezza, rivestiti di una toga magica di cancellazione della contese.
La partecipazione in gruppo serve molto, aiuta chiunque si trova in questa difficoltà a realizzare che quanto sta vivendo lo accomuna al dolore, alla confusione, ai conflitti, alla paralisi in cui stanno molte altre persone. Questo può sembrare un elemento di semplice consolazione e invece è un vero strumento psicologico perchè consente il reperimento della forza necessaria per proseguire. Inoltre è possibile che nascano dei rapporti privilegiati, dialoghi di sostegno reciproco, e che come in tutti i lavori di gruppo i membri fungano da specchio per vedere le proprie storture e decidere di metterle definitivamente in soffitta.