ANSIA
I disturbi d’ansia sono tra i più frequenti che si possano incontrare nelle richieste rivolte allo psicoterapeuta. Riassumono tutta la vasta gamma di esperienze che hanno a che fare con la paura e l’agitazione e in genere si manifestano attraverso una serie di sintomi come la tachicardia, il nodo alla gola, l’oppressione toracica, la mancanza o fame d’aria, le mani fredde sudate, chiazze rosse nel viso e nel collo, e sintomi “secondari” prettamente comportamentali come l’incapacità a stare fermi, un senso di agitazione interna, un eloquio accelerato, senso di confusione, difficoltà a concentrarsi e a pensare, insonnia, voracità alimentare.
Il più conosciuto e di cui si sente parlare è il disturbo da attacchi di panico, rispetto al quale è possibile fare un lavoro generalmente rapido (un totale di 10 sedute in due mesi circa).
L’ansia può prendere anche altre forme ovvero può essere lo stile con cui si fanno le cose: correndo sempre, volendo finire subito, non sapendo aspettare, organizzando tutto in modo inderogabile, ponendosi molti più interrogativi rispetto al numero di risposte a disposizione, con un’inquietudine di sottofondo costante, attraverso una attenzione selettiva sul proprio stato di salute, etc.
Questi sono alcuni comportamenti che esemplificano un’esperienza tanto frequente quanto condivisibile – l’ansia – che, se riconosciuta e affrontata, porta ad un’apertura verso posizioni dapprima inesplorate e si allargano le possibilità d’azione, permettendo di trovare “aria” quando si respira e restituendo legittima e piena cittadinanza al soggetto.
L’ansia è considerata da alcuni studiosi come l’altra faccia dei “disturbi dell’umore” o dello spettro depressivo, per questa ragione il titolo li ritrae assieme.
Un percorso focalizzato sullo stile ansioso diviene più lungo rispetto a quello focalizzato sugli attacchi di panico, pur prendendo sempre queste indicazioni come indicazioni di massima. Quando si va a modificare uno stile è necessario mettere mano ad un’area più vasta di situazioni. Non è possibile dare indicazioni di tempo per quanto riguarda il trattamento perchè in questi casi è necessario valutare la storia dell’ansia nella vita di una persona come ad esempio la persistenza degli “eventi ansiosi”, la consapevolezza del soggetto della dimensione psicologica del problema, la sua collaborazione, la presenza di altri sintomi.
DISTURBI DELL’UMORE
I disturbi dell’umore sono tutte quelle dissonanze emotive e quelle inflessioni dello stato d’animo generale – detto anche tono dell’umore – che rendono la partecipazione alla vita della persona una “attività” scostante, rinunciataria, imprevedibile, passiva, lunatica, assente, intermittente, collerica, spenta, estemporanea.
All’interno di questa “classe di problemi” si possono includere molte definizioni adoperate in ambito medico psichiatrico e in contesto terapeutico come ad esempio la depressione, il disturbo bipolare, ma anche il disturbo borderline, gli evitamenti ossessivi, i disturbi del comportamento alimentare, etc.
L’umore , in parole semplici, è come un tappeto sonoro su cui si regge la gran parte degli elementi della vita mentale: conoscerlo e poterlo “accordare” , oltrechè attraverso l’eventuale uso di farmaci, è fondamentale.
Spesso una delle conseguenze più critiche in questi casi è il cattivo andamento delle relazioni: le persone si ritrovano più sole di quanto non si aspettassero, si sentono sprovviste di spiegazioni, rinunciano spesso a occasioni conviviali perchè si considerano inefficaci o incapaci socialmente o perchè non hanno voglia di partecipare e non trovano alcun valido motivo per compiere il faticosissimo atto di andare contro sé stessi, sanno di avere dei black out ma non sanno dove intervenire.
Quel che spesso accade è non esser consapevoli di quello che non va, portandosi dietro una generale negativa percezione di sé senza dirselo, con l’effetto di chiudersi e evitare i contatti, cosa che aumenta il disagio.
Spesso e’ su questa falsa riga che molti rapporti nel mondo del lavoro vanno male. Al lavoro ciascuno porta, volente o nolente, il suo “umore”: portarlo e basta non è sufficiente!
Non è per forza necessario ricorrere all’uso di farmaci, ogni situazione è sempre da valutare e oggi giorno gli specialisti degli psicofarmaci (psichiatri e non i medici di base!) diffondono l’importanza della psicoterapia come percorso di revisione del proprio modo di stare nella vita. Inoltre c’è una condivisa opinione sul valore negativo che lo psicofarmaco abbia nella vita di chi si limita a questa assunzione senza capire di più del proprio problema.
Un valido aiuto riportato dalla letteratura in merito è costituito dalle “tecniche” incentrate sulla mindfulness, che indica una sorta di mente saggia. Il principio è quello di “esercitare” attraverso una guida esterna una osservazione distanziata del proprio mondo interno allo scopo di prenderne rispettosamente le distanze, per non coincidere né cavalcare ansie, incertezze, paure, per lasciare uno spazio a quello che ancora non è e al contempo non è già più..
Esistono durante l’anno dei cicli di mindfulness che hanno appuntamenti settimanali, in genere non sono poi così tanti i professionisti che la insegnano perchè si svolge in gruppo, in modo silenzioso e meditativo, e non è semplice organizzare un gruppo per la necessità di raggiungere un certo numero di partecipanti (oltrechè nel nostro Paese non avere alcuna promozione da parte dello cultura per il lavoro coi gruppi ). Questa tecnica ha, comunque, preso piede e non è così difficile trovare dei riferimenti per impararne l’arte .
In ogni caso è un’attività di compendio ad un percorso individuale, che rimane uno spazio fondamentale per la gestione del proprio stato di sofferenza e di disorientamento. E’ necessario indagare con chiarezza i fatti accaduti, comprenderne il significato alla luce della storia del soggetto, disegnare i contorni di una trama che per quanto complessa ha una sua grammatica, e in essa scorgerne regole, tirannie e strettoie.
E’ per questo che è fondamentale avere uno spazio in cui interrogare i propri atteggiamenti e le proprie opinioni, alla luce e alla presenza di un terzo con cui poter vedere il proprio film nell’ottica di migliorarne la regia.
I tempi previsti per questo tipo di problema non sono facilmente preventivabili perchè per fare una previsione “prognostica” è sempre necessario avere le caratteristiche specifiche della situazione. Possiamo considerare necessario un percorso almeno di 6 mesi, a seconda dei casi, con intervalli di incontro settimanali prima e successivamente quindicinali.